di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
e a pena di inammissibilità entro 60 giorni, essendo possibile che, per la parte non accolta, il provvedimento possa avere natura interlocutoria e non reiettiva.
Inoltre, gli interessi dovuti sul rimborso di imposte dirette costituiscono obbligazione autonoma rispetto alla quota capitale e, come tali, si prescrivono in cinque anni, ai sensi dell’art. 2948 n. 4. c.c.
Sono questi i principi che si desumono dalla lettura della sentenza della Cassazione n. 5338/2020.
Il caso prende le mosse da una richiesta di rimborso avanzata da una banca nel 1983 per un credito ILOR. Tale credito veniva successivamente compensato nel 1991 con l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione degli immobili. In relazione alla parte di imposte portate in compensazione la banca contribuente ha chiesto il rimborso degli interessi maturati dal 1983, che, dopo varie vicissitudini, vengono rimborsati nel 2005. Tuttavia, la banca ha ritenuto non corretta la liquidazione effettuata nel 2005, provvedendo a contestare in C.T. Prov., dopo più di cinque anni dal rimborso, la citata liquidazione, qualificando, si desume dalla lettura del testo della sentenza, il predetto rimborso (parziale) alla stregua di un silenzio-rifiuto (impugnabile fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto, ex art. 21 del DLgs. 546/1992). Le doglianze della società sono state accolte sia dalla C.T. Prov. che dalla C.T. Reg., le quali hanno confermato la debenza degli ulteriori interessi non correttamente liquidati nel 2005.
Di avviso contrario si è dimostrata, invece, la Cassazione.
Anzitutto, secondo la Suprema Corte non è accoglibile la doglianza dell’Agenzia delle Entrate relativa all’inammissibilità del ricorso introduttivo, atteso che il rimborso parziale degli interessi avvenuto nel 2005 non va qualificato sic et simpliciter alla stregua di un diniego tacito (seppur parziale) da impugnare entro 60 giorni, ex art. 19 comma 1 lett. g) del DLgs. 546/1992..
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