Di Giorgio Infranca
Partita persa in partenza per i soggetti trasferiti effettivamente all’estero ma che risultino ancora iscritti (per motivi vari) nelle liste anagrafiche italiane? No, se ci si ricorda di invocare le convenzioni contro le doppie imposizioni. La sussistenza dell’iscrizione anagrafica, requisito meramente formale previsto dall’art. 2 Tuir, costituisce come noto, per la Suprema corte di cassazione, presunzione assoluta di residenza in Italia, senza possibilità di prova contraria, con tutti gli obblighi fiscali che ne conseguono (da ultimo cfr. Cass. 21970/2015).
La dottrina e qualche giudice di merito «illuminato» hanno offerto ricostruzioni diverse, evidenziando che una siffatta presunzione assoluta non sarebbe, in realtà, compatibile con la Carta costituzionale (da ultimo significativa pare la sentenza della Ctr Puglia del 16 gennaio 2017 ove si è affermato che «l’applicazione di qualsivoglia strumento presuntivo non può avvenire in maniera asettica e automatica, dovendo esso, per converso, avere riguardo necessariamente alla reale capacità contributiva ex art. 53 Cost.») ma davanti ai Supremi giudici, almeno fino ad oggi, questo tipo di argomentazioni non hanno trovato purtroppo ingresso [..]
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