di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
Con la sentenza n. 5753/21/20 del 20 luglio 2020, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha annullato un atto di recupero emesso dall’Amministrazione Finanziaria a carico di una società contribuente (accollata), i cui debiti tributari e previdenziali erano stati compensati da un terzo soggetto (accollante) con crediti di propria titolarità, a seguito della stipula di contratti di accollo ex art. 8 della L. 212/2000. Secondo i giudici romani, atteso che la condotta era stata posta in essere dalle parti prima della stretta intervenuta con l’art. 1 del DL 26.10.2019 n. 124, il recupero dell’ente impositore è illegittimo. La sentenza offre lo spunto per esaminare una fattispecie molto frequente nella prassi, censurata in un recentissimo intervento legislativo, ma già oggetto di attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate con la ris. 140/2017, a cui è seguito il messaggio dell’INPS n. 2764 del 18 luglio 2019 che ha disposto l’inefficacia, ai fini della regolarità contributiva, dei pagamenti eseguiti tramite accollo e compensazione. Proprio nell’ambito della fattispecie in commento, risulta di grande interesse la disamina del rapporto (spesso non lineare) dei flussi tra l’ente impositore e l’ente previdenziale..
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