di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
È contraria al diritto dell’Unione europea la normativa nazionale di uno stato membro che, pur riconoscendo il diritto del contribuente a percepire gli interessi correlati al rimborso dell’IVA versata in eccesso, li computi ad un tasso pari a quello applicato ai finanziamenti interbancari dalla Banca centrale del Paese membro, allorché tale tasso sia inferiore a quello che il contribuente dovrebbe sostenere per ottenere in prestito una somma di ammontare pari all’IVA versata in eccesso. E, comunque, gli interessi non possono essere riconosciuti per un periodo di tempo particolarmente limitato, ma devono essere corrisposti fino alla data di liquidazione del rimborso.
Viceversa, è coerente con il diritto dell’Unione una normativa nazionale che riconosca un termine quinquennale per la presentazione della domanda di rimborso degli interessi maturati sull’IVA versata in eccesso. Infine, è coerente con il diritto Ue, una normativa nazionale che subordini il diritto al pagamento degli interessi moratori dovuti in caso di ritardo nel rimborso da parte dell’amministrazione finanziaria, a una specifica domanda del contribuente.
Sono questi, in estrema sintesi, i principi desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia europea del 23 aprile 2020, resa nelle cause riunite C-13/18 e C-126/18.
I casi portati all’attenzione dei giudici del Lussemburgo prendevano le mosse da una complessa vicenda interna al sistema normativo ungherese e, in particolare, alla circostanza che tale normativa – per la quale l’eccedenza IVA poteva essere rimborsata solo in caso di pagamento integrale del corrispettivo dovuto – era stata dichiarata in contrasto con il diritto Ue da una sentenza della Corte di Giustizia del 2011.
A seguito di detta sentenza (e delle modifiche al diritto domestico che ne erano scaturite), due società ungheresi avevano azionato il diritto al rimborso dell’IVA.
In ragione del ritardo con il quale l’Amministrazione finanziaria ungherese procedeva al rimborso degli interessi maturati e, soprattutto, della complessità della normativa esaminata, che prevede due tassi di interesse diversi – uno a titolo di indennizzo legato all’indebito versamento delle imposte (commisurato al tasso interbancario applicato dalla Banca Centrale ungherese) ed un altro quale puro interesse di mora legato al ritardo nel rimborso liquidato oltre i termini di legge – la questione è giunta all’attenzione della Corte di Giustizia.
Quest’ultima, investita delle questioni pregiudiziali, ha espresso i principi sopra riassunti…
Per saperne di più, contattaci