di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
Può accedere al regime fiscale degli impatriati di cui all’art. 16, comma 1 del DLgs. 147/2015, nella versione vigente prima delle modifiche introdotte dal decreto “Crescita” (DL 34/2019), il contribuente che sia rientrato in Italia nel 2018 a seguito di assunzione da parte della capogruppo italiana, titolare del 100% delle azioni della società estera (non più operativa), presso la quale lo stesso svolgeva la propria attività lavorativa prima del rientro. Non sono applicabili, invece, nemmeno a partire dal 2020, le nuove condizioni di favore relativamente alla misura del beneficio e alla durata dello stesso previste dall’art. 5 del DL 34/2019. Questi sono i principi ricavabili dalla risposta ad interpello n. 904-1304/2019 rilasciata dalla DRE Lombardia (non ancora resa pubblica).
In particolare, l’istante rappresentava che dopo essere stato residente all’estero a partire dal 1998 e iscritto regolarmente all’AIRE dallo stesso anno, dal 1° gennaio 2015 era stato assunto da una società di diritto austriaco, svolgendo la propria attività lavorativa a Vienna, nel ruolo di direttore vendite per il mercato dell’est Europa; nel corso del 2017, nell’ambito di una ristrutturazione del gruppo societario cui apparteneva la società di diritto austriaco, la casa madre italiana aveva proposto al contribuente di trasferirsi in Italia, per prestare qui la propria attività. Il contribuente accettava la proposta della casa madre e si trasferiva in Italia con effetto dal 29 giugno 2018.
L’istante chiedeva se fossero sussistenti, a partire dall’anno di imposta 2018, i presupposti per accedere al regime fiscale di favore oppure se dovesse essere considerata preclusiva la circostanza che egli fosse rientrato in Italia a seguito di assunzione da parte della società italiana titolare del 100% delle azioni della (non più operativa) società estera presso la quale svolgeva la propria attività…
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