Di Giorgio Infranca
La nuova disciplina dell’art. 20 del testo unico del registro introdotta dalla legge di Bilancio 2018 «non appare certo assecondare gli interessi del Fisco e quindi della collettività in generale» e, pertanto, mancherebbero (oltre l’espressa menzione della natura non innovatrice della norma) quegli «adeguati motivi di interessi di carattere generale» richiesti anche dalla Corte costituzionale per sostenere la natura retroattiva dei nuovi criteri interpretativi. Questa una delle motivazioni con cui la Corte di cassazione, con le sentenze nn. 4407 e 4589 del 23 e 28 febbraio 2018, ha ribadito (in linea con la precedente sentenza n. 2007 del 26/1/2018) la non retroattività della nuova norma in materia di interpretazione degli atti ai fini dell’imposta di registro che quindi sarebbe applicabile solo a partire dal 1° gennaio 2018 (secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate, la nuova disciplina si applicherebbe anche con riferimento agli avvisi emanati dopo il 1° gennaio 2018 e aventi ad oggetto atti registrati in precedenza) [..]
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