di Giorgio Infranca, Lorenzo Pavoletti, Pietro Semeraro
L’improvvisa crisi internazionale determinata dal diffondersi del Covid-19 ha stravolto, improvvisamente e tragicamente, la nostra quotidianità. La restrizione alla libertà di spostamento imposta dalle autorità statali, le preclusioni al muoversi da una parte all’altra del mondo con rapidità, così come era- vamo abituati a fare, ha costretto in molti a rivedere i propri programmi di vita. Sebbene il grado di isolamento forzato sia differente da Paese a Paese, il denominatore appare comune: la maggior parte delle persone sono costrette a rimanere in casa. La velocità con cui la pandemia si è diffusa ha fatto sì che molte persone siano state costrette a rimanere in un deter- minato Paese, spesso contrariamente alla propria volontà. Occorre, dunque, chiedersi se questo status di immobilismo forzato possa comportare conseguenze in termini di radica- mento della residenza fiscale. L’OCSE, in un documento dello scorso 3 aprile firmato dal suo segretario generale, ha dettato alcune linee guida sull’argomento, richiamando naturalmente il Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni e le regole ivi previste. L’Italia, ad oggi, non ha adottato alcuna specifica indicazione in materia, e pertanto occorre affrontare il tema alla luce dei principi generali che, ordinariamente, governano l’acquisizione della residenza fiscale delle persone fisiche nel bel Paese…
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