di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
La motivazione degli atti tributari non può limitarsi a una mera enunciazione di principio che non consenta l’intelligibilità delle ragioni sottese alle azioni dell’amministrazione finanziaria; in assenza di una specifica e adeguata motivazione, infatti, è preclusa al contribuente la congrua valutazione circa l’opportunità di prestare acquiescenza o di procedere con il ricorso, con la conseguenza che l’avviso in questione deve essere annullato per violazione dell’art. 7, L. 212/2000.
È questo l’importante principio che emerge dalla lettura della sentenza n. 4070, depositata dalla Cassazione in data 18 febbraio 2020; sentenza che si allinea e rafforza quanto già di recente affermato, sempre dalla Cassazione, con la pronuncia n. 19990 del 24.7.2019.
Ma veniamo ai fatti di causa.
La controversia concerneva due avvisi di liquidazione con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva, dapprima, revocato l’agevolazione prima casa, stante il carattere “di lusso” dell’immobile compravenduto e, quindi, revocato anche le agevolazioni connesse al mutuo collegato all’immobile. Gli avvisi in questione giustificavano la revoca dei benefici con una motivazione davvero “minimale” (“da controlli d’ufficio effettuati risulta la decadenza dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa in quanto l’immobile … risulta possedere i requisiti di lusso in base ai criteri posti dagli artt. 5 e 6 del D.M. 02/08/1969”)…
Per saperne di più, contattaci