La postergazione a fine 2021 dei termini di decadenza comprime l’adesione

La postergazione a fine 2021 dei termini di decadenza comprime l’adesione 150 150 taxlit

L’emissione dell’atto separata dalla notifica rileva per il contraddittorio preventivo

di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro

La bozza del DL “Rilancio” interviene nuovamente sull’annosa questione della notifica degli atti impositivi durante e successivamente all’emergenza sanitaria in corso.
Con l’art. 168 del decreto è stata, in particolare, prevista una singolare scissione tra la data di emissione degli atti i cui termini di decadenza scadono tra il 9 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020 e la notifica degli stessi che dovrà avvenire, in deroga a quanto previsto all’art. 3 della L. 212/2000, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021 (nella relazione illustrativa si dice “non prima del 1° gennaio”), salvo casi di indifferibilità e urgenza (come nel caso di contestazioni di frodi fiscali o di accertamenti aventi risvolti penali), o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

Francamente, si tratta di una disposizione di cui si fatica a rinvenire la ratio.
Risulta poco comprensibile la scelta di anticipare l’emissione dell’atto rispetto alla data della sua notifica, nel momento in cui si prevede comunque la deroga espressa all’art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (secondo cui “i termini di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati”) e, così, implicitamente, si ammette che questa scissione fra emissione dell’atto e notifica dello stesso, in realtà, null’altro è se non una proroga “mascherata” dei termini di decadenza (su cui, ancora qualche settimana fa, peraltro, il Parlamento ha dato parere contrario, modificando, come ricordato, l’art. 67 del Cura Italia).

Se l’intento era quello indicato nella rubrica della norma e più volte evidenziato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, ovvero quello di “favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali”, sarebbe stato forse più semplice sospendere i relativi termini di pagamento delle somme dovute a seguito della notifica degli atti impositivi.
Anche perché sulla base del contenuto letterale della disposizione, non sarebbe affatto precluso all’Ufficio di notificare l’atto, in scadenza al 31 dicembre 2020, nei primissimi giorni di gennaio 2021, così vanificando di fatto l’intento della norma, e nemmeno – paradossalmente – notificare nel corso dell’anno 2020 atti impositivi i cui termini decadenziali scadono dopo il 31 dicembre 2020 (ad esempio un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2016).

C’è da chiedersi, inoltre, in mancanza di espressa sanzione, cosa accadrebbe all’atto, in termini di legittimità, nel caso in cui, a mezzo di una prova evidentemente diabolica, il contribuente riuscisse a dimostrare che l’emissione dell’atto impositivo (notificato nel 2021) sia comunque avvenuta dopo il 31 dicembre 2020.
La norma fa poi espressamente salvi gli effetti di cui al comma 1 dell’art. 67 DL 18/2020 che ha sospeso dall’8 marzo al 31 maggio le attività degli enti impositori, senza però richiamare il discusso comma 4 della stessa norma, dettato proprio in materia di decadenza, la cui potenziale perdurante operatività va tutta verificata, con possibili difetti di coordinamento (quantomeno, con riferimento all’art. 12 comma 1 del DLgs. 159/2015).

L’unico aspetto in cui la data di “emissione” dell’avviso di accertamento potrebbe avere qualche rilevanza potrebbe invece riguardare l’operatività del nuovo obbligo in capo agli uffici previsto dall’art. 5-ter del DLgs. 218/1997, in materia di invito al contraddittorio.
Dal 1° luglio, infatti, l’Ufficio sarà obbligato a notificare prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, l’invito a comparire ex art. 5 comma 1 del DLgs. 218/1997.

Abbiamo già evidenziato più volte il ristretto ambito oggettivo di applicazione di detta disposizione (si veda “Nuovo contraddittorio preventivo a maglie strette” del 4 luglio 2019), ma occorre qui sottolineare che l’obbligo di “emettere” l’avviso di accertamento prima del 31 dicembre 2020, previsto dall’art. 168 del DL Rilancio renderebbe, in presenza dei relativi presupposti, l’Ufficio in ogni caso obbligato a notificare anche il predetto invito nel corso del 2020.
Ciò potrebbe determinare effetti pregiudizievoli in capo al contribuente.

Qualora infatti, in tale sede, il contribuente aderisse alle pretese indicate nell’invito al contraddittorio – attraverso la sottoscrizione di un atto di adesione –, lo stesso sarebbe costretto a corrispondere già nel corso del 2020 le somme oggetto dell’accordo, circostanza questa che cozzerebbe con l’intento dichiarato dell’art. 168 del DL Rilancio.
Sotto questo aspetto, va peraltro tenuto conto che la ricerca di un accordo in sede di invito ex art. 5-ter del DLgs. 218/97 potrebbe anche essere ulteriormente incentivata dalla preclusione, ex art. 6 comma 2 del DLgs. 218/97, di formulare, in seguito alla notifica dell’avviso di accertamento (post 1° gennaio 2021) istanza di accertamento con adesione, perdendo la possibilità di un ulteriore confronto “a bocce ferme” con l’Ufficio e con esso tutti i benefici in termini sanzionatori che tale istituto comporta.

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