di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
Particolare interesse assume il trattamento fiscale, ai fini dell’imposta di donazione, del trasferimento di denaro cross border, attuato mediante bonifico bancario.
Ci si riferisce, nel dettaglio, al caso di una liberalità in denaro effettuata da un soggetto non residente in Italia con disponibilità provenienti da un conto corrente intrattenuto presso un istituto di credito estero nei confronti di un altro soggetto, residente in Italia, titolare di conto corrente intrattenuto presso un istituto di credito italiano.
Sul tema, l’art. 2 del DLgs. 346/1990 delimita territorialmente la pretesa impositiva italiana in base alla residenza del donante, alla data della stipula dell’atto di donazione, specificando che nell’ipotesi in cui, a tale data, il donante non sia residente nello Stato italiano, l’imposta è dovuta “limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.
Tralasciando in questa sede ogni questione in merito alla validità dal punto di vista civilistico di una donazione di denaro effettuata senza la formalità dell’atto pubblico, il tema centrale, ai fini dell’assoggettamento o meno del suddetto trasferimento a imposta di donazione, è l’individuazione della collocazione del “bene denaro” in viaggio tra i due istituti di credito.
La questione è stata, in verità, oggetto della risposta a interpello n. 310/2019 (si veda “La donazione di beni esteri non sconta imposta se il donante non è residente” del 25 luglio 2019) che ha ritenuto di escluderne la rilevanza ai fini impositivi, sulla base di un’applicazione analogica della disciplina di cui alla lettera e) dell’art. 2 comma 3 del DLgs. 346/1990.
La norma detta, in particolare, una presunzione di esistenza nel territorio dello Stato per “i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato
Per saperne di più, contattaci