Di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
Ai fini dell’accesso ai regimi fiscali agevolativi di cui agli articoli 16 del Dlgs.n.147/2015 (“lavoratori impatriati”) e 44 del Dl n. 78/2010 (“rientro dei cervelli”) non è più necessaria la pregressa iscrizione all’anagrafe della popolazione residente all’estero (Aire), assumendo esclusiva rilevanza la pregressa residenza in uno Stato estero ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Questa è una delle significative novità introdotte dall’articolo 5 del Dl 34/2019 (decreto Crescita).
Trattasi di una soluzione normativa da accogliere con estremo favore, frutto di una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2, comma 2 Tuir, che non può che produrre i suoi effetti anche oltre lo specifico ambito applicativo dei regimi agevolativi in discorso.
Essa va infatti a scardinare l’interpretazione da sempre fornita dall’amministrazione finanziaria (risoluzione 351/2008 e circolare 304/E del 1997) e soprattutto dalla Cassazione (n. 16334/2018) secondo cui l’iscrizione anagrafica nelle liste della popolazione residente e, conseguentemente, la mancata iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente all’estero (Aire) avrebbe, ai fini e per gli effetti dell’articolo 2, comma 2, del Tuir, valore di presunzione assoluta di residenza nel territorio dello Stato «preclusiva di ogni ulteriore accertamento».
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