di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
Il raddoppio dei termini di cui all’art. 43 del DPR 600/73 in caso di violazione comportante obbligo di denuncia per reati fiscali (nella versione antecedente alla L. 208/2015) opera sia nei confronti della consolidata – nei cui riguardi sono stati ravvisati seri indizi di reato – sia nei confronti della consolidante. La condotta illecita, penalmente rilevante, commessa dalla consolidata non può che avere riflessi concreti, per quanto concerne il “raddoppio dei termini”, anche per la contribuente consolidante. Queste sono le conclusioni a cui giunge la Cassazione con la sentenza n. 28356 del 5 novembre 2019.
La ripresa oggetto di giudizio riguardava l’indeducibilità di alcuni costi per operazioni oggettivamente inesistenti commesse dalla consolidata e “attribuiti” da quest’ultima al consolidato.
L’Ufficio, rilevando la sussistenza di “indizi di reato”, aveva notificato alla consolidante, oltre i termini ordinari di accertamento, l’avviso di accertamento unico ex art. 40-bis del DPR 600/73 intestato alla società consolidata.
Secondo la consolidante, il raddoppio dei termini era illegittimo sia sotto il profilo oggettivo, sia e soprattutto dal punto di vista soggettivo: il termine di decadenza avrebbe potuto essere raddoppiato solo nei confronti della consolidata, posto che solo nei confronti di quest’ultima sussistevano gli indizi di reato legittimanti l’estensione dei termini…
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