di Giorgio Infranca e Pietro Semeraro
La presentazione del ricorso in C.T. Prov. non “congela” automaticamente la riscossione delle somme accertate; l’art. 15 del DPR 602/1973, infatti, prevede che le imposte siano provvisoriamente iscritte a ruolo, dopo la notifica degli accertamenti, per 1/3 del loro ammontare.
Tale norma va coordinata con l’art. 68 del DLgs. 546/92 che regola le modalità di pagamento del tributo in pendenza di giudizio. In particolare, fermo restando l’obbligo previsto dal citato art. 15 del DPR 602/1973, l’art. 68 prevede che, in caso di rigetto del ricorso dalla C.T. Prov., vadano versati i due terzi delle imposte, con i relativi interessi; in caso di accoglimento parziale del ricorso dalla C.T. Prov., invece, occorre versare l’ammontare risultante dalla sentenza (e comunque non oltre i due terzi); il residuo ammontare va, da ultimo, versato a seguito della sentenza della C.T. Reg.
A seguito della riforma recata dal DLgs. 156/2015, è stata sancita la provvisoria esecutività delle sentenze delle Commissioni tributarie (art. 67-bis del DLgs. 546/92), estrinsecata, per quanto qui interessa, nel disposto dell’art. 68 comma 2 del DLgs. 546/92, secondo il quale “Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza”. Dopo la riforma, in caso di mancata esecuzione “spontanea” del rimborso, il contribuente può agire in ottemperanza, ai sensi del successivo art. 70, senza dover necessariamente attendere il passaggio in giudicato.
Questione interessante, che discende dal richiamato quadro normativo, riguarda la misura degli interessi che vanno corrisposti dagli uffici sui rimborsi delle somme versate in pendenza di giudizio..
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